Chi si interessi delle antiche culture continentali dell'Europa e in particolar modo di quelle germaniche e scandinave (Germani, Vichinghi e Anglosassoni in primis) non potrà fare a meno di approfondire le origini e l'utilizzo dei metodi di scrittura utilizzati da questi nostri progenitori.
Già, progenitori, o potremmo anche dire antenati: con buona pace di chi ci vorrebbe tutti figli dell'Impero Romano, infatti, le culture antiche che non nacquero fra i colori e il calore degli scali portuali mediterranei ma fra le cupe foreste primordiali dell'Europa centrale sono nostre dirette progenitrici.
Coloro che i libri di testo delle nostre scuole chiamano infatti "barbari", e cioè le tribù celtiche e germaniche, non furono rozzi e incivili villani mossi soltanto da sete di distruzione e di violenza, ma grandi artisti, artigiani, commercianti, uomini spirituali, sacerdoti, agrigoltori e cacciatori.
Il fatto poi che, prima i Celti con il sacco di Roma del 380 AEC (Avanti l'Era Comune), poi varie tribù germaniche (Ostrogoti, Visigoti, Vandali, Eruli, Burgundi, Longobardi) che sconfissero e misero la parola fine al potere di Roma sul mondoallora conosciuto furono composti da razziatori e da grandi guerrieri spressanti del pericolo e della morte in battaglia non diminuisce nè inficia il notevole e spesso sottovalutato apporto da essi dato all'odierna cultura italiana ed europea.
Basti pensare all'opera unificante e rinsaldatrice di molti sovrani longobardi, il cui popolo si diffuse dal Friuli alla Campania, dal Piemonte alla Toscana; si consideri poi il fatto che numerosissimi nomi, cognomi e toponimi dell'Italia moderna sono di origine longobarda, celtica e germanica; nonchè il grande contributo dato da questi nel campo dell'agricoltura, dell'arte, del diritto.
Si diceva dei metodi di scrittura: sebbene i Longobardi, quando si affacciarono ai confini della penisola, fossero già cristianizzati e utilizzasseto già l'alfabeto latino, i loro progenitori e le altre tribù che rimasero al di là delle Alpi utilizzarono almeno a partire dal I secolo EC (Era Comune) a un metodo di scrittura proprio, originale, noto con il nome di "Rune".

 

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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Oltre che per la scrittura quotidiana, le Rune erano utilizzate anche per la divinazione (in un modo che alcuni, con una certa leggerezza, equiparano ai Tarocchi) e gli incantesimi.
Furono in uso nelle isole britanniche, in Scandinavia, in Islanda e nell'Europa centrale, nonchè in Svezia e Ungheria fino al XVII secolo (le Rune ungheresi, misconosciute dai più, sono però nettamente diverse da quelle germaniche); si sono anche trovate alcune iscrizioni runiche negli Stati Uniti, probabilmente eseguite dai Vichinghi nel corso dei viaggi che li portarono sulle coste orientali canadesi diversi secoli prima di Cristoforo Colombo, anche se l'autenticità di tali iscrizioni è da molti messa in dubbio.
Oggi le Rune stanno sempre più tornando alla ribalta, soprattutto nei paesi anglosassoni.
Nei paesi nordici, ma anche negli Stati Uniti, in Canada, in Australia e in Gran Bretagna molte persone utilizzano oggi le Rune come strumento divinatorio, per la meditazione e come protezione per meglio indirizzare le scelte della propria vita; nelle grandi metropoli occidentali sono in forte crescita corsi e seminari sull'uso delle Rune a scopo spirituale e religioso, anche se spesso la loro qualità lascia a desiderare.
D'altra parte, è anche vero che gran parte di coloro che di recente hanno scritto e/o si interessano di Rune lo fanno da un punto di vista molto new age, oppure così come farebbero (e fanno) con i arocchi, l'I Ching o altri sistemi divinatori estrapolati dalle culture più disparate o geograficamente e storicamente lontane tra loro; o comunque dalla prospettiva di una struttura di credo estranea al mondo in cui si sono originate le Rune, spesso basata su un occultismo che mescola elementi d'origine egizia, ebraica e comunque non nordica e tanto meno europea.

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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Tutto questo influenza pesantemente la pratica e l'interpretazione dei simboli runici, di ciò che essi rappresentano e hanno da dire, falsandone e mistificandone il ruolo e il significato stesso.
E' invece imprenscindibile, per chi intenda avvicinarsi alle Rune con spirito sincero e trarne qualcosa di autentico per se, per la propria vità e per gli altri, conoscere e approfondire quanto più possibile le fonti originali che sono giunte sino a noi.Forse unica tra le antiche tradizioni pagane nord-europee, l'antica religione dei popoli scandinavi vanta una grande messe di materiale scritto giunto sino a noi, grazie al fatto che il Nord Europa fu l'ultima fetta di continente a essere cristianizzata (nel XII secolo vi erano ancora in Scandinavia grandi sacche di resistenza a quella nuova religione, mentre nel resto dell'Europa le religioni pre-cristiane erano state spazzate via o elementi di esse sopravvivevano qua e la - talvolta in modo preponderante, come dimostrato da numerosi studi - nella cultura popolare e contadina).
Sarebbe dunque stupido, o quanto meno fuorviante, affidarsi all'interpretazione dell'ultimo arrivato e non utililizzare questo preziosissimo materiale per capire realmente cosa sono le Rune e cercare di applicarle nel mondo di oggi, discernendo quegli elementi non possono essere riproposti ai giorni nostri da quelli che invece hanno validità eterna.

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Storia e ipoesi sulle Rune.
Oltre a essere un sistema di scrittura utilizzato dai popoli germanici e scandinavi a partire da oltre duemila anni, le Rune sono ancora oggi uno strumento magico, divinatorio e di crescita spirituale.
In breve Runa (norreno Rùn - plur Rùnar - antico anglosassone Run) significa "mistero", "segreto".
I caratteri per incidere ciascuna Runa, simbolo di una determinata energia presente nel mondo, erano detti runstafas, "bastoni runici".
Le Rune, tra le tante cose, sono un oracolo a cui richiedere consiglio.
Esse funzionano bene quanto più è specifica e dettagliata la domanda posta.
La lettura delle Rune è talvolta oscura: tende ad indicare una risposta, ma i dettagli devono essere interpretati e compresi dal richiedente, la cui intuizione e interpretazione sono quindi della massima importanza.
A volte, invece, il loro significato è chiaro sin dal momento in cui vengono gettate.
La divinazione runica o "lancio delle Rune" non significa prevedere il futuro nel senso classico del termine.
Al contrario, le Rune forniscono un modo di analizzare il percorso sul quale ci troviamo, e il suo probabile risultato; il futuro non è fisso; può essere cambiato dalle nostre azioni positive o negative, e in realtà tramite ogni cosa che facciamo.
Nella divinazione, le Rune non fanno altro che mostrarci l'effetto delle nostre stesse azioni, agendo da specchio per ciò che in quel momento non siamo in grado o non vogliamo vedere.


- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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Sin dai tempi antichi, le Rune sono state utilizzate sia per la scrittura profana (come ad esempio nelle relazioni commerciali), sia per scopi magici.
Ogni Runa, oltre ad avere un valore fonetico e un nome derivato che in qualche modo identifica la sua funzione e il suo significato, ha significati esoterici ben precisi.
Ognuna di esse ha una "storia" ben precisa alle spalle ed è associata a una divinità nordica.
Ma qual'è l'origine delle Rune?

Fonti storiche.
Il primo documento storico che ci parli delle Rune è un celebre passaggio della massima opera dello storico romano Tacito del I secolo EC (Era Comune).

"I Germani osservavano enormemente gli auspici e i sortilegi.
Questi erano semplici. Tagliano un ramo staccato da un albero fruttifero in pezzetti distinti mediante segni conosciuti e gettano questi a caso e all'impazzata sopra una veste candida.
Dopo di che, se si tratta di sorte privata, lo stesso capo della famiglia, pregando gli Dei con la faccia rivolta al cielo, li prende tre volte uno per uno e l'interpreta secondo il segno impresso.
Se i segni sono contrari, nulla sopra quella cosa in quel giorno viene deciso; se invece i segni sono favorevoli si esige inoltre l'approvazione degli auspici."


Le Rune ebbero un'enorme diffusione in tutto il Nord Europa e furono utilizzate dalle varie tribù germaniche e dai Vichinghi danesi, norvegesi e islandesi, Angli e Sassoni, Goti; in Svezia erano ancora in uso nell'Ottocento, e oggi si assiste a un loro forte ritorno in tutta Europa e nei paesi anglofoni del globo.

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Gli alfabeti runici vengono definiti col termine di futhark (parola composta dalle prime lettere runiche dell'alfabeto più antico?, di cui esistono tre versioni principali: il futhark antico o germanico di 24 caratteri, il futhorc anglosassone (39 caratteri) e il futhark scandinavo o "giovane" di soli 16 caratteri e in due versioni, quella danese e quella svedo-norvegese, detta anche a "rami corti".
Esistono poi altri sistemi runici, in particolare quello ungherese, quasi mai nominato e conosciuto perlopiù ai soli studiosi a appassionati.
A ogni simbolo è associato un valore fonetico che è anche l'iniziale di un concetto-chiave nella cultura degli antichi popoli nordici (ad esempio la prima Runa, Fehu, ha valore fonetico "F" e nella lingua ricostruita degli antichi Indoeuropei significa "bestiame" e, per antonomasia, denaro, ricchezza, sorte economica e finanziaria ecc.).
Caratteristica comune a tutti i futhark runici è la quasi totale mancanza di segni curvilinei od orizzontali; le Rune sono perlopiù costituite da segni verticali e/o diritti, a causa del fatto che venivano quasi sempre incise su legno o su pietra con l'ausilio di un punteruolo, un coltello o uno scalpello: i "custodi delle Rune" potevano così incidere in modo più agevole, perpendicolarmente alle venature del legno.
Le prime iscrizioni runiche su pietra risalgono al III secolo EC (Era Comune), nonostante sia praticamente certo che gli alfabeti runici fossero in usa già molto tempo prima; com'è ovvio, sono ben poche le incisioni su legno giunte sino a noi, anche se dovevano costituire la stragrande maggioranza ed essere in alcuni casi estremamente belle dal punto di vista estetito e artistico.

Oltre a poche iscrizioni votive in ambito germanico antico (gotico), le Rune sono attestate in migliaia e migliaia di stele incise disseminate nei paesi scandinavi (oltre 2000 in Svezia, circa 200 in Norvegia e qualche decina in Danimarca) e in Gran Bretagna.
L'iscrizione runica più lunga consiste di circa 800 caratteri ed è un testo mitologico.





Il torc inciso di Pietroassa, in Romania, oggi distrutto.
D'oro massiccio, fu ritrovato nel 1837.
L'iscrizione, eseguita con le Rune del furhark antico, recita gutaniowihailag.
Secondo l'interpretazione maggiormente accreditata dai runologi e dagli studiosi moderni, la prima sequenza gutani starebbe a indicare il nome tribale dei Goti (Gutones per i Romani); la parte finale hailag, collegata all'inglese moderno holy
e al tedesco moderno heilig, significa "sacro, inviolato".
Non si è certi del significato delle tre Rune centrali owi, che però potrebbero costituire una formula magica o essere delle abbreviazioni di parole.
A ogni modo, il significato dell'incisione dovrebbe essere qualcosa come "Proprietà sacra/inviolata dei Goti", indicando così la sacralità dell'oggetto.



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Le origini mitologiche.
Secondo la mitologia scandinava, il dio principale degli deiAsi, Odino (Wotan per i Germani), rimase impalato sulla propria lancia, appeso a testa in giù per nove notti e nove giorni a Yggdrasil, il frassino cosmico che riassume in sè l'Universo.
Quando le Rune apparvero sotto di lui, egli allungò le mani e le afferrò, e la conoscenza runica gli diede il potere.
In seguito, Odino trasmise la conoscenza così acquisita a una dea dei Vani, Freya, la quale gli insegnò in cambio la magia del Seidr.
Heimdallr, figlio di Odino, dio guardiano del ponte dell'Arcobaleno e vero e proprio "civilizzatore" del mondo nordico, trasmise infine le rune al genere umano, anche se Odino rimane il dio delle rune per eccellenza.

Le ipotesi filologiche.
A livello storico, archeologico e filologico nel corso dei decenni gli studiosi hanno avanzato le ipotesi più disparate circa la loro origine: quella di un'origine orientale, di una derivazione diretta dell'alfabeto greco, ecc. ecc.
Ma negli ultimi anni appare sempre più chiaro che le Rune si svilupparono a partire dall'alfabeto nord-etrusco (a sua volta derivato dal greco).
I paralleli tra i due alfabeti non possono essere ignorati, così come il dato della direzione variabile della scrittura (da destra a sinistra e da sinistra a deste).
Del resto è noto che gli Etruschi commerciavano ampiamente con il Nord Europa, soprattutto tramite le popolazioni alpine e subalpine, tra cui i Veneti, i Reti e le tribù celtiche di area lepontina.
Gli alfabeti di questi due ultimi popoli, in effetti costituiscono proprio il ponte tra l'alfabeto nord-estrusco il futhark germanico antico.
Se i Germani avessero adottato la scrittura dopo il I o il II secolo a.C. avrebbero a quel punto certamente scelto la scrittura latina, che a quel tempo predominava (così fecero molti Galli di Francia, mentre altri ancora usarono l'alfabeto greco appreso dai coloni di Marsiglia).
Invece già da tempo dovevano usare queste Rune, segni speciali per leggere le sorti e per altri scopi magici.
L'utilizzo delle Rune fra i Germani doveva quindi risalire a diversi secoli prima dell'anno zero.
Una famosa iscrizione dedicatoria su un elmo scoperto a Negan (Austria), redatta in alfabeto venetico al VI-V secolo a.C., e anche le prime versioni dell'alfabeto leponzio sono della stessa epoca.
E' chiaro poi che a noi sono giunti soltanto alcuni esempi di iscrizioni incise su pietra o metallo, mentre sono ovviamente andate perdute tutte quelle su legno, che dovevano essere la maggioranza.

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Rune Celtiche.
Fra i discendenti e gli appassionati dei Celti esistono più o meno due scuole di pensiero riguardo alle Runa.
La prima, di cui fa parte la totalità degli studiosi e dei ricercatori in ambito accademico, le considera giustamente patrimonio esclusivo del mondo germanico.
Molti appassionati di Celti e "celtismo" preferiscono, invece delle Rune, utilizzare la scrittura oghamica, creata qualche secolo dopo l'inizio dell'Era Comune dai Druidi delle isole britanniche.
La seconda scuola di pensiero, fortemente minoritaria, parla erroneamente di "Rune celtiche" in riferimento al futhark germanico, commettendo così un grave errore storico, spesso causato da approssimazione e ignoranza.
Ma vi sono ragioni fondate per affermare che un alfabeto celtico, ed esattamente quello detto lepontico o "di Lugano", sia stato addirittura (forse unitamente all'alfabeto retico utilizzato dai Reti delle vallate alpine nord-orientali) l'antenato o uno degli antenati del futhark antico, alla base dello sviluppo delle prime Rune tra i Germanic prima dell'inizio dell'Era Comune.
Sulla base delle ultime ricerche archeologiche e filologiche, gli studiosi sono sempre più propensi a ritenere che lo sviluppo e la diffusione della scrittura siano avvenuti secondo una direttrice che, partendo dalla Grecia, abbia toccato gli Etruschi all'incirca nel IX-VIII secolo AEC (Avanti Era Comune) per giungere ai Celti Leponzi addirittura già nel VII secolo AEC.
A partire da questi, per via di scambi commerciali e contatti di vario genere da una parte e dall'altra delle Alpi si sarebbe avuta la diffusione della scrittura nell'Europa centro-settentrionale, dando così vita alle Rune.
Gli indizi che lo dimostrano sono sempre più consistenti.

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Il professor Filippo M. Gambari, uno dei maggiori rappresentanti del mondo accademico italiano per quanto riguarda i Celti scrive:
"L'esempio più eclatante sul ruolo etrusco-italico nella trasformazione culturale dell'areale golasecchiano e leponzio viene dalla trasmissione della scrittura, non solo come adozione di un modello alfabetico, ma addirittura come utilizzo di schemi e moduli epigrafici.
L'importanza di tale impulso può essere compresa se si valuta che gli effetti arriveranno fino alla diffusione e allo sviluppo della scrittura runica nel mondo germanico e nordico.
Le tappe di questo processo sono ormai note grazie agli studi degli ultimi anni, ma continuano a riservare sorprese.
Nella seconda metà del VII secolo nella zona di Castelletto Ticino-Seste Calende una effettiva situazione di bilinguismo e le necessità delle attività commerciali provocano l'adattamento di un alfabeto etrusco meridionale-capenate alla lingua celtica locale.
La più antica iscrizione celtica-golasecchiana è ormai l'aggettivazione onomastica Iuntanaka sul frammento esterno di vasca di coppa su piede da Sesto Calende della fina del VII secolo cui segue cronologicamente il ben noto bicchiere con il genitivo maschile chosioiso Castelletto Ticino del secondo quarto del VI secolo; un bicchiere coevo da Sesto Calende ci testimonia nella formula zichu l'adozione di formulari etruschi e la probabile esistenza di una classe di scribi.
La penetrazione in area alpina sarà più lenta, a partire dal V secolo, mentre la maggioranza della documentazione risulta posteriore alla stabilizzazione del mondo leoponzio dopo i movimenti del III secolo a.C., forse connessi alla pressione del Germani sugli Elvezi, come recentemente proposto: sporadiche e sempre da riferire probabilmente a personaggi provenienti dall'area insubre-golasecchiana appaiono invece le precedenti attestazioni transalpine di età tardohalstattiana come a Bragny e a Mountmorot (Giura francese) alla fine del VI secolo.
La diffusione a partire dalla fine del VI secolo di una vera e propria epigrafia monumentale su pietra in area golasecchiana permette di ritrovare però anche complessi schemi epigrafici, la cui diffusione risulta significativa per l'analisi delle direttrici e dei tempi di diffusione degli influssi culturali".

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Lo schema a rotaia a ferro di cavallo dell'epigrafe di Vergiate 9, della prima metà del V secolo, che ci riporta il nome del defunto e quello di chi ha curato l'iscrizione e realizzato il monumento funerario (caratteristica questa ben presente nelle pietre runiche scandinave di quindici secoli dopo), ha origini antiche e lontane.
Presente nel bacino del Mediterraneo anche in iscrizioni indecifrate del Sudest del Portogallo della fine del VII secolo, questo modello è di provata origine etrusca e in particolare dell'area volterranapisana, derivato dalle iscrizioni poste su cornici di stele funerarie figurate (con una certa ironia, quindi si potrebbe ben direche i Vichinghi hanno "copiato" gli Etruschi):
Diffuso nei territori delle popolazioni liguri del Piemonte (il modello a rotaia) si ritrova, una generazione prima che a Vergiate, nella famosa stele funeraria del ligure etruschizzato Larth Muthiku a Busca (CN) ed è ovviamente all'origine delle iscrizioni leponzie su rotaia dell'area alpina del II-I secolo a.C., come quelle di Davesco-Soragno e Stabio, quando ormai questo modello risulta scomparso sia in Etruria che nella pianura padana.

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E' proprio questo conservatorismo che consentirà la sopravvivenza del modello nella trasmissione, probabilmente tramite l'utilizzo di supporti lignei, al mondo germanico nel II - III secolo d.C., e dunque la rifioritura dello schema nelle iscrizioni runiche che riecheggiano fino al X secolo d.C., e oltre non solo l'alfabeto di Lugano, ma addirittura questo schema epigrafico, talvolta modificato in forme fantastiche.
Riallacciandosi a quanto già detto poco fa, le origini di questo fenomeno si possono cogliere nell'area alpina piemontese fin dalla testa più ignimbrite riolitica di provenienza dal territorio biellese, probabilmente da riferirsi proprio a una stele funeraria della prima metà del VI secolo a.C., che otteneva con la sovrapposizione di due elementi distinti lo stesso schema documentato in monumenti monolitici dell'area hallstattiana orientale, derivato cn ogni probabilità dal modello delle stele felsinee a disco.
Wolfgang Kimming (1985) ha con grande acutezza riconosciuto in questi fenomeni precoci i primi influssi ideologici della cultura plastica di origine etrusco-italica, che produrranno poco dopo capolavori come i guerrieri di Hirschlanden (fine VI) e di glauberg (V secolo), entrambi in Germania, le cui strette relazioni con la statuaria italica e il guerriero di Capestrano (cultura picena, Abruzzo) sono stati di recente ben chiariti e sottolineati nelle splendide mostre dedicate ai Piceni.
Ma ancora più profonde devono essere state in area alpina le influenze connesse alla sfera religiosa se si considera che aspetti dell'iconografia e del culto del dio folgoratore di origine etrusca Velchans/Volcanus si ritrovano nel rilievo del V secolo a.C. a Bormio in Valtellina.
Del resto diversi indizi avevano portato numerosi studiosi a immaginare un'origine italica del culto alpino dell Matrone e [a svelare] il ruolo etrusco nell'introduzione anteriormente al IV secolo a.C del culto di Gerione/Trigaranos come divinità folgoratrice e abitante dei monti a Padova.
Un riscontro lo ritroviamo anche nell'area del Verbano nel rilievo di Invorio oggi nel chiostro di S. Maria delle Grazie di Varallo Sesia.
Posizionata originariamente su una roccia o un masso erratico in un'area di culto all'aperto secondo lo schema della Rocheaux Dames di Troinex, questa eccezionale figura fu asportata con i lavori di cava per la costruzione del castello medievale ed ivi esposta come primitiva immagine della Trinità.
Mostra tracce di iconoclastia ma è sostanzialmente ancora ben conservata.
Lo schema iconografico si riconnette al modello etrusco di Gerione/Trigaranos (tricefalo, secondo la denominazione greca) e si confronta molto bene con un bronzetto degli inizi del V secolo proveniente dai dintorni di Lione e chiaramente derivato dalla modificazione di una matrice per la produzione di guerrieri in bronzo da officine dell'Etruria meridionale.
La figura di Trigaranos, sovrapposta in area alpina allo stesso Eracle, continuerà nel mondo gallico come divinità folgoratrice e protettice degli armenti fino al Tarvos Trigaranos della base di Notre Dame dei Nautae Parisiaci, dove ormai appare chiara la perdita della consapevolezza del significato del nome, ma sarà trasmessa come iconografia anche nel mondo germanico, come dimostrano i rilievi del corno di gallehus nell Jutland del V secolo d.C. lungo le stesse direttrici di influenza che abbiamo visto per l'alfabeto runico.

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Riassumendo, le Rune fanno parte del mondo celtico, limitatamente all'Italia del Nord, ma non si chiamano "Rune": si tratta infatti dei caratteri dell'alfabeto lepontico.
Infatti, anche se non possediamo documenti scritti o di altra natura che ce lo confermino, è molto probabile che anche i Leponti e altre etnie celtiche delle valli alpine e forse cisalpine come gli Insubri, utilizzassero i caratteri del proprio alfabeto per la divinazione, la magia e gli incantesimi, del resto, le poche iscrizioni pervenuteci sono quasi tutte a carattere votivo: le due più famose sono la cosidetta Stele di Prestino (conservata al Museo Giovio di Como, che pare sia una dedica agli dei di un tempio o di un edificio sacro) e la Stele bilingue di Vercelli, redatta in periodo di romanizzazione avanzata in latino e celtico e avente lo scopo di consacrare un terreno a uso congiunto "di uomini e Dei".
E' possibile, quindi, ricostruire il significato e la simbologia dei singoli caratteri lepontici per usare, oggi, nella divinazione e nella pratica spirituale queste Rune di casa nostra?
E' una delle tante sfide che hanno di fronte i discendenti dei Celti cisalpini.

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ALTRE IPOTESI SULL'ORIGINE DELLE RUNE.

Per motivi di completezza, riteniamo sia giusto presentare brevemente anche alcune delle teorie diverse da quella esposta sopra relativamente all'origine delle Rune, anche se noi stessi la riteniamo la più probabile se non quella ormai definitiva.
Del resto, il tema dell'origine di questo antico sistema di scrittura è stato per decenni argomento di discussione, scontro e anche polemica nel mondo accademico.

La teoria dell'origine greca.
La prima teoria, è quella esposta oltre un secolo fa, che suppone un'origine greca per le Rune, sulla base della nota espansione della tribù germanica dei Goti, nell'Europa sud-orientale.
I Goti svilupparono un proprio sistema di scrittura al tempo del loro famosi vescovo Ufila o Wulfila, il quale tradusse la Bibbia in gotico.
Questo sistema di scrittura mostra chiaramente le proprie origini greche, ma ha più una similarità con il futhark antico nella forma di alcuni caratteri: ciò ha indotto alcuni studiosi a ritenere che le Rune furono null'altro che un adattamento germanico, tramite la mediazione dei Goti, dei caratteri dell'alfabeto greco.
A riprova di questa tesi, essi citano ad esempio la forma della Runa foneticamente corrispondente alla lettera "O", che parrebbe una variante dell'omega greco.
Inoltre, i primi documenti scritti con l'ausilio del futhark antico venivano scritti sia da sinistra a destra sia da destra a sinistra, oppure con un'alternanza dei due sensi all'interno dello stesso testo (scrittura bustrofedica): tale era anche una caratteristica della scrittura greca del periodo cristiano.
A ogni modo, nonostante la corrispondenza tra l'omega e la Runa "O", l'ipotesi dell'origine greca non giustifica altre corrispondenze, come quella della Runa Raidho ("R"), che non corrisponde al carattere greco "P".
Un'ulteriore obiezione alla teoria greca è data dal fatto che il futhark pare essersi orifinato nella parte meridionale della penisola dello Jutland, nella zona che oggi divide la germania dalla Danimarca: qui sono stati titrovati gli esempi più antichi.
Se ciò è vero, ammettendo un'origine greca è difficile spiegare come mai un'area tanto settentrionale acquisì questo sistema di scrittura e divinazione prima dei vicini meridionali che dovrebbero invece averlo trasmesso dal sud verso nord.

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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L'ipotesi romana.
Anche se il sistema di scrittura utilizzato dai Romani ha rappresentato per decenni un ovvio candidato nella ricerca dell'origine delle Rune, anche in ragione del fatto che l'interazione tra il mondo romano e i vari popoli germanici cominciò in epoca piuttosto antica, forse ancor prima delle guerre in Gallia transalpina fra i Celti di Vercingetorige e Cesare, in cui entrambe le parti si avvalsero dell'aiuto di mercenari germanici.
In effetti, si riscontrano parecchie corrispondenze tra l'alfabeto latino e il futhark antico: la lettera B e la runa Berkana, la lettera F e la Runa Fehu, la lettera R e la Runa Raidho, la lettera T e la Runa Tyr (Tiw) e così via.
Tutte queste, poi, presentano una corrispondenza più o meno stretta anche dal punto di vista fonetico.
Ma va tenuto presente che le prime iscrizioni in futhark germanico sono piuttosto rozze, con caratteri imprecisi e irregolari (alcuni dei quali talvolta più piccoli o più grandi degli altri, ecc.) e una resa stilistica estremamente povera; mentre invece l'alfabeto romano, già all'epoca di Cesare, era un metodo di scrittura ben sviluppato, con convenzioni di formato e di stile, e nemmeno si può attribuire l'aspetto immaturo dei primi esempi di futhark al gusto germanico, dato che le aree romanizzate del mondo germanico utilizzavano perfettamente e in modo corretto l'alfabeto latino.

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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IL FUTHARK ANTICO.

Il mondo delle Rune.
Per poter comprendere l'utilizzo pratico delle Rune è necessario capire i concetti fondamentali della filosofia nordica così come questi si sono sviluppati nel corso dei secoli.
La prima cosa da fare è certamente avere una conoscenza perlomeno basilare della mitologia nordica.

Il primo concetto da afferrare è senz'altro quello di Orlog, e cioè la versione nord-europea della legga di causa ed effetto: questa è in effetti molto simile al concetto corrispondente di karma nella filosofia indiana, privo però dell'aspetto della reincarnazione (del resto, se è vero che i popoli indoeuropei hanno un'origine comune, ciò è dimostrato dalle numerose corrispondenze tra le religioni e le filosofie celtica, germanica, greca e dell'India vedica).

Secondo la concezione nordica, ogni persona nasce come una vera e propria tabula rasa ed è completamente responsabile di ciò che fa della propria vita sin dal primo momento: le azioni positive portano risultati positivi, mentre gli sbagli si pagano, sia in questa vita sia dopo la morte.
Compiere azioni positive porta in cambio buona fortuna e una buona morte, che a sua volta assicura una permanenza ultraterrena nel Valhalla, il paradiso degli eroi e dei guerrieri uccisi in battaglia, o a Sessrumnir, la grande sala di Freya nei cieli; le anime immeritevoli finiscono invece a Hel (Helheimr) oppure a Niflheimr, il mondo di ghiaccio e freddo insopportabile dimora dei Giganti del Gelo.
sebbene il termine inglese moderno di Hell ("Inferno") derivi da quello germanico Hel, questo non va inteso come l'Inferno della concezione cristiana o dantesca: si tratta semplicemente di un mondo freddo, oscuro, tremendo e tenebroso dominato da Hel o Hela, mezza dea e mezza gicantessa, alla quale vengono consegnati coloro che non muoiono in uno stato di grazia.
In realtà, sono le loro stesse azioni a candidarli per questa fine, la loro stessa vibrazione bassa ad assegnare loro un posto "basso" nell'aldilà.

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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Per spiegare la meccanica delle Rune, è necessario introdurre un altro concetto, quello di Wyrd, da cui ancora una volta deriva un termine inglese che però ha assunto un'eccezione diversa weird ("bizzarro, strano").
Il Wyrd è come una gigantesca ragnatela che si estende nel tempo e nello spazio; ogni suo filo è costituiuto da una diversa manifestazione di energia, e tutta insieme essa costituisce il tessuto stesso di cui è fatto l'universo.
Dal momento in cui nasciamo a quello della morte, la filosofia nordica ritiene che ci troviamo in un qualche punto del Wyrd e che facciamo parte di questa immensa ragnatela.
Senza addentrarci troppo in un concetto che richiederebbe molto di più, per essere affrontato, possiamo affermare che Wyrd e Orlog sono interconnessi, per cui una persona che compia azioni positive e costituisca un buon Orlog riempirà il proprio essere di energia positiva; dato che, come tutte le altre, quella persona si trova sulla ragnatela del Wyrd, o meglio ne fa parte, ne consegue naturalmente che si troverà man mano sempre più su un filo positivo della tela.
Poichè la ragnatela è il tessuto stesso della vita, il suo mondo sarà sempre più influenzato dall'energia positiva da egli stesso prodotta e a lui restituita in un circolo virtuoso.
Com'è ovvio, il contrario è valido per l'estremo opposto di chi compia azioni negative, con tutte le varianti intermedie di vite umane che compiono azioni ora positive, ora negative.

- Tratto da Le Rune di Marco Massignan -

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Il legame tra quanto esposto sopra e le Rune sta nel fatto che ogni filo della ragnatela è fatto di energia; per poter identificare i diversi tipi di energia, dobbiamo assegnare a ciascuno di essi un simbolo.
Le Rune sono questi simboli.

Ciascuna lettera dell'alfabeto runico, oltre ad avere un valore fonetico, rappresenta un determinato tipo di energia.
Nella divinazione runica, ciò che vediamo è un riflesso delle energie dentro e intorno a noi, alla persona per cui stiamo divinando o alla domanda/questione che è stata posta: ne consegue che una persona che conosca queste energie è in grado di interpretare la manifestazione, lo specchio della realtà che le Rune comunicano.
Nella guarigione, o quando comunque s'intende intervenire per modificare l'Orlog, il processo è inverso; invece di osservare la manifestazione dell'energia esistente rivelata dalle Rune, queste vengono utilizzate come strumento e canale delle energie necessarie per ottenere lo scopo desiderato.
Ne consegue quindi che gli aspetti della pratica legata alle rune possono essere suddivisi in due tipologie: passiva (divinazione) e attiva (guarigione, evoluzione spirituale, protezione, ecc.).

I primi documenti che riportano la srquenza runica del futhark germanico risalgono al V secolo CE, e denotano fra loro alcune varianti.
Il più antico a npi pervenuto si trova su una lastra di pietra che un tempo faceva parte di una camera funeraria a Kylver, sull'isola svedese di Gotland; scritto da sinistra a destra, è inciso in modo da raffigurare una strana forma, detta ad "albero di Natale" da alcuni runologi: forse aveva uno scopo magico, ad esempio, potrebbe essere servito a non fare uscire le anime dei defunti dal sepolcro.
Alcune Runem e precisamente Ansuz e Berkana, vi appaiono incise in modo retrogrado.

Altri esempi di futhark antico (sono circa sei quelli fino a oggi rinvenuti) riportano le medesime Rune, con alcune variazioni e mancanze.

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I principali sono il futhark di Vadstena, nell'Ostergotland (Svezia), inciso su un sottile dosco d'oro usato come ornamento; il futhark di Breza, nell'ex-Jugoslavia, a cui mancano alcune Rune finali e che fu inciso su un pezzo di marmo un tempo parte della struttura di una chiesa; e infine il futhark di Charnay, nel dipartimanto della Saone-of-Loire, in Francia: quest'ultimo esempio manca delle ultime quattro Rune, semplicemente perchè non c'era più spazio per inciderle.
L'uso del futhark antico o germanico continuò in Scandinavia fino a circa il 700 EC.
Contemporaneamente, in Germania e nell'Europa veniva utilizzato un futhark praticamente uguale, con un'unica differenza nella Runa Hagalaz, la cui barra trasversale era doppia.
In Frisia si ebbe un primo sviluppo con la realizzazione del futhark anglo-frisone (due Rune in più); il mondo anglosassone della Britannia e successivamente quello scandinavo dovettero procedere a ulteriori modificazioni del futhark originario, con aggiunte e tagli atti a riflettere i mutamenti della lingua.
Fra i protagonisti del "risveglio runico" moderno, comunque il futhark antico o germanico rimane quello di gran lunga più utilizzato, anche se non mancano certo runologi che usano il futhorc anglosassone e quello scandinavo, soprattutto rispettivamente in Gran Bretagna e nei paesi scandinavi.
Come detto, le Rune rappresentano energia pura nelle sue diverse forme primordiali, e a ciascuna di esse sono collegati nomi e concetti.
Come per molti alfabeti e sistemi di scrittura antichi, i nomi dati ai diversi simboli servono anche da ausilio mnemonico per ricordarli (è anche questo uno degli scopi dei Poemi Runici), e sono ovviamente tratti dalla mitologia e dalle caratteristiche del mondo che ha originato quel sistema di scrittura.

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FUTHARK ANTICO O GERMANICO.

I termini con cui si identificano le Rune del futhark antico o germanico sono in realtà una ricostruzione, effettuata da glottologi e runologi, di quello che dovevano essere nella lingua degli antichi Indoeuropei.
Ciò vale soprattutto per il loro significato, in particolare nei due casi (per le Rune Ingwaz e Algiz) corrispondenti a Rune che non rappresentano valori fonetici che ricorrevano in inizio di parola nell'antica lingua germanica.
Le convenzioni fonetiche internazionali prescrivono l'apposizione di un asterisco (*) prima delle parole ricostruite: ciò andrebbe fatto per tutti i termini indicanti le Rune seguenti.
Le Rune sono in tutte ventiquattro, suddivise in tre aett, o gruppi, di otto Rune ciascuno.
Questo aiuta a ricordarne l'ordine e il significato.
Ogni aett è dedicata a una divinità del pantheon germanico, nell'ordine: Freya, Heimdall e Tyr.
Di seguito, di ciascuna Runa si trovano rispettivamente il simbolo, il nome, il valore fonetico e infine il significato esoterico utilizzato nella divinazione.
Se, durante la divinazione una Runa viene estratta capovolta, essa assume un significato diverso.
Alcune Rune hanno lo stesso aspetto sia diritte che capovolte, ma possiedono un merkstave (che letteralmente significa "bastone oscuro" e implica un significato oscuro), a dipendenza di come vengono gettate.
E' inoltre importante ricordare che una Runa capovolta o merkstave non assume un significato contrario da quello primario, ma un eccezione più negativa.

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La aett di Freya.

Freya è una dea molto importante, appartenente alla stirpe dei Vani e quindi legata alla Terra, alla fertilità, al raccolto.
Il suo emblema è la collana Brisingamen.
Sorella gemella di Freyr, con lui fu accolta in Asgard presso gli dei Asi al temine della guerra tra le due razze divine (simboleggiante lo scontro tra i popoli nativi della Scandinavia e gli invasori indoeuropei).
Freya possiede la magia di leggere le Rune, di andare in trance e di lanciare incantesimi.

Può prendere forma di colomba, guida di un carro tirato da due gatti oppure cavalca un cinghiale.
Essendo a capo delle Valchirie, prende per se metà dei guerrieri uccisi in battaglia ed è tradizionalmente associata con la morte e alla sessualità.

Madre di Hnoss, è sposata al dio Od (forse Odino), misteriosamente scomparso.
Piange lacrime d'oro, che diventano ambra.

 

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